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LA CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA NELLA CONTRADA “SAN GIOVANNI DI ZEZZA”– PRIMA PARTE

Nel lontano 9.9.1973 approdai per la prima volta alla Chiesa campestre di S. Giovanni Battista per una visita programmata da tempo perché rientrante in quella attività immane, affascinante ma laboriosa e senza soluzione di continuità,  che l’indagine sistematica sul Territorio, condotta da oltre un decennio da me in collaborazione con il Centro Studi e Ricerche “Torre Alemanna”, al quale si è affiancato, dal 1979, il Museo Etnografico Cerignolano e, dal 1980 la Sede locale dell’Archeoclub d’Italia.

Segnalai la suddetta Chiesa alla Soprintendenza per i Beni aa.aa.aa.ss. della Puglia (Bari) il 12.12.1979 inserendola in un nutrito dossier. Negli anni successivi, in ripetuti e proficui incontri, chiesi per la medesima il Vincolo Tutelativo al fine di scongiurarne la definitiva distruzione e la irreparabile scomparsa.

Il 30.7.1987 mi veniva richiesta dalla medesima Soprintendenza una Scheda storica per avviare la pratica di Vincolo, da me prodotta in data 26.8.1987. Finalmente con Decreto Ministeriale del 28.1.1988 la Chiesa di S. Giovanni Battista veniva Vincolata al proprietario, la famiglia Zezza.

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La Chiesa campestre di San Giovanni Battista si erge nella vasta contrada denominata “S. Giovanni”, nella zona chiamata, in particolare S. Giovanni in Fonte” (a ricordare l’antico Casale medievale omonimo e con preciso riferimento alla presenza nella zona di varie sorgenti d’acqua e al “Canale Castello”; l’agiotoponimo inoltre ci spinge a considerare una radice paleocristiana), posta a circa 9 Km. da Cerignola  sulla Provinciale per Candela e spostata verso l’interno a circa 1,5 Km.  sulla Strada Consorziale n-45 . La suddetta zona è conosciuta più comunemente come “S. Giovanni di Zezza” ad attestare la proprietà della Famiglia baronale Zezza, rinnovatasi per molte generazioni in questa vasta contrada. Il primo documento che attesta la presenza della Chiesa risale al periodo normanno e, precisamente, al 1105 (il documento è stato, dallo scrivente, rintracciato negli anni ’70) ; si tratta della donazione della predetta Chiesa, unitamente al Casale di Corneto, effettuata dal Duca di Puglia Guglielmo a favore del ricco e potente Monastero benedettino della SS.ma Trinità di Venosa. Da alcuni documenti del “ Catalogus Baronum” veniamo a conoscenza che, nel periodo compreso tra il 1150 e il 1168, sempre in epoca normanna, dovette originarsi una controversia su alcuni territori, fra i quali quello in oggetto, della quale fu attore l’Abate del citato Monastero di Venosa. Un periodo senz’altro di grande vitalità e di floridezza si deve all’Imperatore Federico II Svevia che impresse un forte ed incisivo impulso della Capitanata con la trasformazione agricola a cereali e l’allevamento degli animali. Con tale ottica vediamo muoversi anche il nostro Casale che, nella prima metà del XIII secolo, si dimostra in grado di finanziare lavori di riparazione della residenza dell’Imperatore ad Orta; infatti l’archeologo e studioso E. Winkelman ci informa che, tra il 1241 e il 1246, Federico II  ordina che il castro di Tressanti (floridissimo Casale del nostro territorio) può essere riparato a spese degli abitanti della stessa terra; la casa di Cerignola con il denaro degli abitanti della medesima e la casa di Orta con quello degli abitanti di Corneto e S. Giovanni in Fronte. Per il periodo angioino, attraverso la lettura dei Registri della Cancelleria Angioina (ricostruiti ), ricaviamo notizie e particolari di notevole interesse che qui riassumiamo: nel periodo 1266-69 Carlo I d’Angiò, attraverso i vari giustizierati, richiede con mandato emanato da Foggia e valido per varie giurisdizioni, il pagamento di salme proporzionate  all’estensione terriera: delle 2.511 richieste dalla Capitanata 200 erano di competenza di Cerignola, , 150 di Corneto , 100 rispettivamente di Ascoli e di Salpi, 50 di Tressanti, 30 di S. Giovanni in Fonte etc.; dette vettovaglie venivano portate a Termoli e fatte proseguire per mare fino a Manfredonia. Altri quattro documenti sono riportati dai medesimi Registri e coprono il periodo dal 1273 al 1281: tre riportano mozioni a favore di Angelo de Marra, Maestro Razionale della Curia Imperiale e Signore del Casale di S. Giovanni in Fonte, nell’ultimo si attesta che lo stesso de Marra chiede una sovvenzione ai suoi vassalli del Casale di S. Giovanni in Fonte. Sempre  restando nel periodo angioino rileviamo da un documento del 1300 che Carlo II d’Angiò effettuò una tassazione alle città, ai borghi e ai casali della Capitanata  con l’approvazione dei sindaci e procuratori degli stessi centri  urbani, necessaria per ricostruire e ripopolare Lucera distrutta perché saracena: si fa presente, fra l’altro , che Corneto fu tassata per 125 once, Cerignola per 26, Salpi per 25 , Tressanti, S. Giovanni in Fronte e Fontana Fura (altro Casale del nostro territorio) per 1. Dopo questo documento le fonti tacciono sul nostra Casale, che sarà uno dei tantissimi insediamenti: un’altra calamità si aggiungeva alle precedenti; insediamenti urbani, costellanti l’intera Capitanata, destinati a scomparire senza far parlare più di sé. I secoli XIV e XV videro, infatti, la decadenza di molti siti, fiorentissimi nel periodo svevo, poverissimi e nel completo abbandono in quello angioino. Una cospicua serie di avvenimenti negativi percosse violentemente le nostre contrade: infierirono a più ondate periodi di peste, malattie, carestie e lotte dinastiche; l’aumento della popolazione determinò il maggiore sfruttamento colturale e, di conseguenza, un repentino ed inevitabile impoverimento del territorio. Tutto questo attivò un meccanismo irreversibile: la fuga dai borghi, dai villaggi e dai casali rurali di molti uomini che preferivano il grande nucleo urbano più sicuro e più redditizio. Nel 1447, poi, Alfonso I d’Aragona , Re di Spagna, istituì la Dogana delle Pecore; un’altra calamità si aggiungeva alle precedenti; ancora una volta tutto tornò incolto; i terreni produttivi di una volta furono lasciati a pascolo ed erano previste pesanti multe e persino la pena di morte per i trasgressori; la povertà era al massimo e il fenomeno della fuga dai pascoli piccoli insediamenti rurali si accentuò sempre più. Con la Dogana delle Pecore, inoltre, i cui proventi andavano a rimpinguare le casse spagnole, il Tavoliere fu diviso in 23 Locazioni “principali ordinarie”, che presero il nome di feudi notevoli, accanto alle quali successivamente, furono poste le “locazioni aggiunte”, tra cui quella di S. Giovanni in Fonte, aggiunta alla Locazione principale di “Cornito” e quella del “Quarto di S. Giovanni della Cerignola”, aggiunta a quella di “Orta” , tenuta dai PP. Gesuiti sin dagli inizi del XVII secolo. Arriviamo così al XVIII secolo: in un documento del 1742 troviamo registrato che il feudatario di Cerignola, il Conte d’Egmont “[…] Possiede le fabbriche d’un Palazzo diruto, e Chiesa sotto il titolo del Glorioso S. Giovanni, quattro miglia lontano da questa terra, sita nella Locazione d’Orta, e Posta detta di S.to Giovanni, in dove vi è un orto con Pozzo d’acqua per adacquare le fogliame […]”. Dalla seconda metà dello stesso secolo e fino ad oggi viene registrata come proprietaria di questa vasta contrada la Famiglia Zezza: numerosa è la documentazione a riguardo che si conserva , sono le “carte” relative alla Dogana delle Pecore presso l’Archivio di Stato di Foggia.

Bibliografia e Note

L’articolo già pubblicato: MATTEO STUPPIELLO, Alla riscoperta dei nostri monumentiLa Chiesa di S. Giovanni Battista, “MERIDIANO 16” – mensile di dibattito culturale e politico – Anno III – N. 10 – 17 ottobre 1988, Lucera, p.9.

E’ stato proprio in questo articolo che ho pubblicato  per la prima volta il documento datato 1105 da me rintracciato negli anni ’70. Infatti il documento è tratto da GIUSEPPE CRUDO, La SS: Trinità di Venosa – Memorie storiche diplomatiche archeologiche, Trani, 1899, p. 201. Così scrive Giuseppe Crudo, canonico Teologo della Cattedrale di Venosa: “[…] Nello stesso anno 1105, troviamo ancora un altro diploma di Guglielmo Conte del Principato, il quale mediante tale carta, insieme alla Contessa Cassandra sua moglie, dona al medesimo Monastero Venosino la Chiesa di S. Giovanni in Fonte con tutte le  relative possessioni e pertinenze, essendo testimoni a tale atto Gaudioso (deve dir Gaudino) Vescovo di Muro, Guidolino dapifero, e Riccardo di Sanframondo. Ne abbiamo l’abbreviazione nei seguenti termini: “Ego  Guillielmus Dei gratia Comes Principatus, filius bone memorie Roberti Comitis…et ibi Cassandra Comitissa eius uxor 1105…dono Monasterio Sancte Trinitatis Venusii Ecclesiam Sancti Ioannis in fonte. Testes Gaudiosus (deve dir Gaudinus) Murensis Episcopus, Guidolin…dapifer, et Riccardus de Sancto flaymundo”.

Cerignola, 23 giugno 2016                                    Matteo Stuppiello

Agro di Cerignola – Contrada “S. Giovanni di Zezza” – Chiesa di San Giovanni Battista – Foto Matteo Stuppiello 30.9.1973.

Agro di Cerignola – Contrada “S. Giovanni di Zezza” – Chiesa di San Giovanni Battista – Foto Matteo Stuppiello 30.9.1973.

Agro di Cerignola – Contrada “S. Giovanni di Zezza” – Chiesa di San Giovanni Battista – Foto Matteo Stuppiello 30.9.1973.

Agro di Cerignola – Contrada “S. Giovanni di Zezza” – Chiesa di San Giovanni Battista – Foto Matteo Stuppiello 30.9.1973.