Era l’ANALFABETISMO che paurosamente era molto diffuso anche nella nostra città nell’800 e nel ‘900 che spingeva la saggezza dei più poveri, i meno abbienti, che andava a costituire la maggior parte della popolazione, ad escogitare un metodo pratico per risolvere un enorme problema che si presentava nella quotidianità della povera gente.
Il nostro concittadino NICOLA ZINGARELLI scriveva (1): “[…]Si pensò prima al teatro (1868, sindaco Farruso, se la memoria non mi tradisce), che non alle scuole. Queste furono fondate nell’autunno del 1870 da una nuova amministrazione del Comune (sindaco Giuseppe Pirro, un istituto elementare, tecnico, ginnasiale. Sin allora l’istruzione media bisognava procurarsela fuori, nel seminario diocesano di Ascoli Satriano … o in convitti privati a Napoli, o nel convitto nazionale di Lucera; e molto credito godeva il collegio di Molfetta […].”
Riportiamo anche quanto scritto nella sua analisi con particolare dettaglio lo storico SAVERIO LA SORSA (2) “[…]Assai lusinghieri furono i progressi fatti dalla nostra città nel campo intellettuale e civile. Il popolo era stato per tanti anni nell’ignoranza quasi completa, e può dirsi che tranne poche eccezioni, la grande maggioranza era ancora nelle condizioni di analfabetismo. Per ovviare a questa vergogna il Comune aumentò le scuole, man mano che se ne presentasse l’opportunità. Nel 1860 le classi elementari erano tre, mentre nel 1862 salirono a sette, di cui quattro femminili e tre maschili; nel 1870 erano 15 per salire nel 1880 a 21 e nel 1890 a 28. Inoltre assegnò dei premi ai fanciulli d’ambo i sessi, che si fossero distinti nello studio, e deliberò di acquistare i libri per quelli che erano in condizioni di povertà. Di più non essendovi maestri preparati per sì dedicato ufficio, inviò a proprie spese alcuni cittadini (1) di frequentare le Scuole Normali istituite a Foggia sin dai primi anni del nuovo Governo […]”. La nota (1) presente nel testo di LA SORSA riporta quanto segue “I primi maestri sussidiati dal Comune furono: Guglielmo Siniscalchi, Luigi Cristilli e Rosina Cagnazzi”. Il testo di La Sorsa continua seguendo la cronologia sulla istituzione delle varie SCUOLE nell’800 ed è interessantissimo.
Da questa analisi, certamente, attendibile nei suoi dati, a dirla sinceramente, ci sembra che ne venga fuori una “FOTO” molto edulcorata sulla questione sociale, riferita alla SCUOLA, a Cerignola.
Faccio un passo in dietro nella storia e siamo nel 1853; attingo dal nostro storico concittadino Can. LUIGI CONTE che scrive quanto segue “L’attuale popolazione si classifica come segue: “Condizioni civili”: “[…]Preti 64, Religiosi 7, Suore della carità 3, Orfanelle 30, Legali 15, Medici e Chirurgi 17, Architetti 7, Farmacisti 15, Agrimensori 4, Notari 8, Possidenti 6.750, Veterinario 1, Esercenti belle arti 30, Artigiani e domestici 4000, Mercatanti, spedizionieri e sensuali 400, Esercenti arti liberali 196, CONTADINI 8075, Mendici 328 – Totale 20.000 “ (3).
I datiparlano chiaro i POSSIDENTI sono 6.760 e i CONTADINI-BRACCIANTI sono 8075, MENDICI 328.
Ritengo di riportate alcuni stralci di quanto scrive la Prof.ssa MARIA CONTE, prima donna LAUREATA di Cerignola, nel 1910, con la sua Tesi di laurea “Tradizioni popolari di Cerignola” (4). Luigi PIRANDELLO fu il suo professore ai suoi esami di Laurea, il quale “aggiunse alla sua lode al massimo dei punti”, lo ha scritto Maria Conte (5) . Soffermandoci sull’argomento sopra riportato, Maria Conte scrive nel 1910, nel suo libro: “[…]La moderna Cerignola ha le vie larghe diritte: non mancano case artisticamente costruite dall’aspetto vario e civettuolo . Ben diversa è la cosidetta “terra vecchia” (città vecchia) che per le sue costruzioni e per la vita del popolo che vi abita, ricorda molti paesucoli dell’Abruzzo e le città medioevali. I vicoli sono irregolari e stretti. Nulla rimane del passato: il tempo e la mano dell’uomo distrussero e modificarono ogni cosa. La “terra vecchia” con le sue viuzze, fetide, malsane, rattrista ed impressiona. Abbondano quelle camere a pianterreno, quasi sotterranei “juse” con un’unica apertura che fa da porta e da finestra. La dentro vivono numerose famiglie, e non di rado, l’asino e la capra. E questa miseria deriva dalle idee medioevali che vivono ancora con nomi e con aspetto diversi. Ma sempre indistruttibili. Vi è ancora il signore che dorme tranquillo fra le coltri di seta tessute dalla mani di un popolo affamato […]” (6).
Alla fine del secolo XIX e gli inizi del secolo XX la popolazione era costituita per la maggior parte dalla classe BRACCIANTILE, che rifletteva la economia trainante della Città, quella agricola, alla quale era vocata da sempre. La CLASSE meno abbiente quella più povera, andava a costituire nel suo insieme uno “spaccato” reale di DISAGIO sociale, DRAMMATICO. Povera gente disperata e gran parte abitava nei seminterrati i cosiddetti “JUSI”, umidi, sporchi e malsani con nuclei familiari anche di 10 e più individui in un monolocale, unicubiculare, con dentro il cavallo, animali da cortile (7). I figli, numerosi, venivano mandati a lavorare anche di sotto dei 10 anni per poter recuperare quel pochissimo denaro che, cumulato con quello dei genitori, poteva sfamarli riempiendo il piatto con il minimo indispensabile. Ne è esempio il nostro concittadino Sindacalista e difensore dei Diritti di tutti i LAVORATORI GIUSEPPE DIVITTORIO (*Cerignola 11.8.1892 † Lecco 3.11.1957) (8). Dopo la morte del padre Michele, non aveva ancora otto anni, frequentava la terza elementare, dovette sospendere di andare a scuola per incominciare a lavorare nei campi in modo che con la sua modestissima paga poteva aiutare la madre Rosa e la sorella Stella.
Mi piace riportare un breve stralcio preso da DAVIDE LAJOLO, che riporta la narrazione fatta da DI VITTORIO stesso (9). Abitava, in Via Salpi 32, oggi via Benito Tatarella, n. 32. Visse una tragedia che lo segnò per tutta la sua vita. La morte del padre MICHELE PEPPINO, rientrato a casa dell’avvenuto funerale del padre, la morte era sopraggiunta in seguito ad una disastrosa alluvione che interessò tutta la Capitanata, e che, in particolare, inondò la zona Salpi dove lavorava il padre Michele in una masseria, mentre si prodigava nel vano tentativo di salvare il bestiame nella stalla. La madre nella più profonda indigenza dovette prendere una repentina e dolorosissima decisione. Giuseppe Di Vittorio ricordava molto bene l’agghiacciante scena quando il padre rientrò in casa bagnato per ore sotto la pioggia e immerso nell’acqua che inondò tutta la Masseria, si era ammalato e con la pesante preoccupazione che il padrone lo avrebbe di sicuro licenziato. In poco tempo la febbre lo portò alla morte. Ma leggiamo: “[…]All’indomani tornai a scuola. Frequentavo la terza elementare, avevo bei voti. Il maestro Perreca mi considerava il più volenteroso della classe. Ma dopo pochi giorni, finita la favetta, mia madre fu costretta a dire al maestro che non potevo più frequentare perché dovevo andare a lavorare. Al mattino Peppinello partiva per le masserie della piana di Manfredonia … Il primo lavoro lo trovai presso un piccolo proprietario che mi accompagnò nella sua vigna più per compassione che per necessità. Dovevo raccogliere piselli […]” (10) Lavorò a sette anni e mezzo, come bracciante(11) in agro di Orta Nova, nella Masseria “Durante” (antica famiglia cerignolana) .
Ma torniamo al nostro argomento. Nel Museo Etnografico Cerignolano (1979) sin dal 1978 è presente uno STRUMENTO molto semplice e soprattutto pratico da utilizzare alla portata di tutti.
Consiste in una “PORZIONE” di FUSTO ricavato dalla pianta di FERULA , ed esattamente la parte INTERNODALE della ferula matura, ormai ASCIUTTA, SECCA, LEGGERISSIMA.
La FERULA una pianta spontanea diffusa nel nostro territorio che troviamo spesso nei CANALONI, nelle CUNETTE delle strade di campagna, sui PIANORI. Pianta che raggiunge oltre i due metri di altezza a pieno sviluppo. La strada per MANFREDONIA, ad esempio, in estate attira l’attenzione, per chi la percorre, per il suo alto FUSTO con i numerosi FIORI che vanno a costituire un’ APPARISCENTE infiorescenza ad OMBRELLA dal bel colore GIALLO.
Sempre a proposito della FERULA voglio riportare quanto scrive, lo storico Fr. ALEANDRO ALBERTI nella sua opera “Storia d’Italia” del sec. XVI , sulla nostra “CIDINIOLA” e propriamente della sua campagna: “[…]Tutta questa Campagna è priva di alberi ma molto producevole di grano, orzo e altre biade. Vero è, che in vece degli alberi veggonsi assai ferule in questi, et in là per essa, con le quali fanno fuoco gli habitatori del paese per loro bisogni no(n) havendo legna[…]” (12).
La “TAGGHJ(E)” veniva così realizzata. In un modo molto semplice con l’uso di un attrezzo alla portata di tutti: un affilatissimo COLTELLO. Venivano praticati dei tagli ad alcuni centimetri dai due NODI estremi, arrivando all’incirca fino alla metà. Quindi veniva praticato il taglio che divideva il FUSTO in due metà, in modo da ottenere la PARTE sottostante, quelle inferiore, recante i due NODI estremi, mentre la PARTE superiore andava ad INCASTRARSI esattamente con la precedente COMBACIANDO PERFETTAMENTE. Certamente i tagli venivano praticati con enorme MAESTRIA. Così la “TAGGHJ(E)” era pronta per l’uso. Le misure erano diverse. Dipendeva dalla distanza che veniva a trovarsi tra un NODO e l’altro, la zona chiamata INTERNODALE.
Ora veniamo all’uso che se ne faceva. L’acquirente quando si recava presso il negozio di GENERI ALIMENTARI e di questi NEGOZI nei vari QUARTIERI o RIONI ve ne erano diversi e i clienti erano sempre gli stessi e i proprietari del negozio si tramandavano, quasi sempre l’attività da padre in figlio per diverse generazioni. Si diceva, l’acquirente, non potendo pagare subito e in contanti, a causa della scarsezza economica, prima, e poi non sapeva fare da conto perché analfabeta, portava con sé UNA META’ della “TAGGHJ(E)”, ed era la parte superiore. La consegnava al negoziante, ed effettuava la “SPESA”. Lo stesso alla fine, recuperava l’altra META’ della “TAGGHJ(E)” quella che corrispondeva alla parte che presentava i due NODI alle estremità, che conservava lui in una CASSA lignea, sicuramente parcheggiata vicino al bancone ed era bravo ad individuare la parte corrispondente a quella che veniva portata dall’acquirente, poiché erano una diversa dall’altra per lunghezza, spessore, colore. Una volta prelevata prendeva l’altra e dovevano essere unite interfacciandosi l’un l’altra. Dovevano COMBACIARE esattamente. La successiva operazione consisteva nell’incidere la somma, ma come ? Con un coltello praticava delle TACCHE realizzando delle incisioni convenzionali a formare, ad esempio una X che andava ad interessare perfettamente, le due parti, dovevano collimare tra di loro le incisioni sulle due porzioni della ferula. Ma vi erano altre TACCHE con simbologia diversa. Ecco perché il nome di “TAGGHJ(E)” in dialetto, in italiano “TACCA”. La incisione che corrispondeva alla TACCA veniva praticata in modo, veramente molto strano, quasi enigmatico perché la “SEGNATURA”, ad osservarla bene aveva un profilo a V (VU). Fatto questo ad ognuno toccava riprendersi la propria metà della “TAGGHJ(E)”. Era naturalmente improntato sempre e solo sulla FIDUCIA, sulla PAROLA, sull’ONESTA’, sulla MORALITA’ e soprattutto sul RISPETTO altrui. I CLIENTI erano i soliti e ben conosciuti dal negoziante. Conosceva per ogni nucleo familiare la situazione economica e cercava di applicare SENTIMENTO e DIGNITA’ con tanta DISCREZIONE sulle scadenze del pagamento del debito. L’operazione di prelievo, da parte dell’acquirente, veniva effettuata più volte nel mese. Quando tutta la parte interessata dalle TACCHE era completata due erano le soluzioni, dopo aver saldato il CONTO, si PAGAVA in moneta o si LISCIAVANO i due BORDI, – ed era preferibile farlo e rifarlo più volte fino ad arrivare all’”OSSO” – per dirla tutta risparmiare il più possibile, oppure SPEZZARE le due parti e realizzarne delle nuove e a questo punto viene detto l’andante, una volta, consueto:
“PAGH(E)T(E) I DIBB(E)T(E) SP(E)ZZ(E)T(E) I TTAGGHJ(E)”.
L’esemplare della “TAGGHJ(E)” o TACCA presente nel Museo Etnografico Cerignolano (1979) era stata realizzata dallo scrivente ancora prima della INAUGURAZIONE UFFICIALE del MUSEO (13), effettuata il 1° MAGGIO del 1978, ubicato in via S. Martino n° 42 in un seminterrato “JUSO”. La realizzazione della “TAGGHJ(E)” è stata effettuata su precise indicazioni del nostro collaboratore, compianto carissimo GIUSEPPE DIPLOMA (14), bracciante amico di GIUSEPPE DI VITTORIO.
Cerignola, 1 Marzo 2022 Matteo Stuppiello
Bibliografia e Note
(1) – SAVERIO LA SORSA, La Città di Cerignola nel secolo XIX con prefazione di NICOLA ZINGARELLI, BARI-ROMA, Casa Editrice F. CASINI e FIGLIO, 1931 – IX, p. 13.
(2) – ibid., pp. 199-200.
(3) – LUIGI CONTE (Sac.), Cerignola, in Il Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato ovvero Descrizione topografica, storica, monumentale, industriale, artistica, economica e commerciale delle Provincie poste al di qua e al di là del Faro e di ogni singolo paese di esse – Opera dedicata alla Maestà FERDINANDO II, Volume Primo – Napoli Stabilimento Tipografico di Gaetano Nobile – Vicoletto Salita a’ Ventaglieri n° 44, 1853, p. 75.
(4) – MARIA CONTE, Tradizioni popolari di Cerignola, Cerignola – Premiata Tip. “SCIENZA E DILETTO” V . Taronna, MCMX,
(5) – MARIA CONTE, Tradizioni…, op. cit. , in PREFAZIONE ALLA RISTAMPA, FORNI EDITORE BOLOGNA, Novara, 1 novembre 1970 MARIA CONTE.
(6) – MARIA CONTE, Tradizioni popolari di Cerignola… , op. cit., pp. 13-14.
(7) – MATTEO STUPPIELLO, La casa del bracciante, in AA.VV., Processi lavorativi e vita sociale nel Basso Tavoliere – Introduzione al Museo Etnografico Cerignolano, Cerignola Centro Regionale di Servizi Educativi e Culturali 1989, Foggia, LEONE GRAFICHE, 1993, pp. 129-132.
(8) – MATTEO STUPPIELLO, Nel 40° anniversario della morte GIUSEPPE DI VITTORIO dalla protesta alla identità di classe – CATALOGO DELLA MOSTRA FOTOGRAFICA a cura di MATTEO STUPPIELLO – CERIGNOLA – 1-23 novembre 1997 – Via Fanfulla, 5 – Tipolito “Miulli Francesco”, Via Roma, 52- San Ferdinando di Puglia, p. 9.
(9) – DAVIDE LAJOLO, DI VITTORIO – Il volto umano di un rivoluzionario, Casa editrice Valentino Bompiani e C. S.p.A. Via Pisacane, 26, Milano, 1972, pp. 5-7.
(10) – ibid., p. 8.
(11) – “GIUSEPPE DI VITTORIO una vita al servizio del popolo”, Supplemento al n. 46 di “LAVORO” del 17 novembre 1957 , p. 4 .
(12) – MATTEO STUPPIELLO, Nel Museo Etnografico una rara edizione della “Storia d’Italia” di Fr. Aleandro Alberti (sec. XVI) che parla di “CIDINIOLA” – Cerignola, 24 Marzo 2017 – www.archeoclubcerignola.com; MATTEO STUPPIELLO, Una superstire pianta di lentisco in contrada San Marco, agro di Cerignola – Un dono della natura – Cerignola, 25 Settembre 2021 – www.archeoclubcerignola.com.
(13) – GIUSTINA SPECCHIO, Il Museo Etnografico Cerignolano, in AA.VV. Processi lavorativi e vita sociale nel Basso Tavoliere…, op. cit. pp. 31-34; MATTEO STUPPIELLO, Nel ricordo del 1° Maggio 1979 inaugurazione del Museo Etnografico Cerignolano in Via S. Martino 41 alla presenza di un numerosissimo pubblico r autotità cittadine per l’evento culturale eccezionale ed unico per Cerignola – Cerignola, 1 Giugno 2019 – www.archeoclubcerignola.com; MATTEO STUPPIELLO, Foto irripetibili e uniche riproducono l’allestimento del Museo Etnografico Cerignolano del 1° Maggio 1979 con la esposizione organica dei 350 oggetti e attrezzi – Cerignola, 25 Giugno 2019 – www.archeoclubcerignola.com.
(14) – MATTEO STUPPIELLO, Nel ricordo…, op. cit. ; MATTEO STUPPIELLO, Foto irripetibili…, op. cit.