Ricerca, Tutela e Valorizzazione dei Beni Culturali dagli anni 60
 

UN OMICIDIO NELLA CHIESA MADRE NEL ‘300

La CHIESA MADRE  “San Pietro Apostolo” o Chiesa Matrice o Chiesa Maggiore, nel Rione TERRA VECCHIA, nella sua ESISTENZA di oltre MILLE ANNI, ne ha subite tante e di più, in senso negativo naturalmente: terremoti, distruzioni, ricostruzioni, incendi, devastazioni, scempi, peste, prepotenze… Si è sempre “RIALZATA” più bella di prima contando sugli ARCIPRETI NULLIUS, quelli  dotati di vigorosa forza MORALE, SPIRITUALE e CULTURALE,  che credevano fermamente nella CHIESA, sostenuti dai Cittadini che amavano e difendevano  la piccola “CIDINIOLA”. Ma questa volta “L’OMICIDIO” nella Chiesa è stato un OLTRAGGIO, una SOPRAFFAZIONE , un DELITTO. Mi viene da credere che tale tipo di VIOLENZA non abbia avuto  precedenti nel  sacro luogo.  Sicuramente avrà portato SCOMPIGLIO e DISPERAZIONE fra gli uomini di Chiesa e gli Abitanti per la risonanza negativa  arrivata e diffusasi nelle città viciniori e, soprattutto, presso il Re di Napoli, Roberto il Savio, il quale prese duri provvedimenti contro il mandante e ancora una volta Cerignola passò da un feudatario all’altro.

La notizia dell’avvenuto omicidio nella Chiesa Madre nel ‘300 (1304) , l’abbiamo letta negli anni ’70 in  una pubblicazione a firma di Vincenzo De Luca stampata nel 1926 (1) e, come nostra consuetudine, facciamo “parlare” i “DOCUMENTI  NARRANTI”, riportandoli qui di seguito: “[…] Una prova luminosa e caratteristica di ciò ci viene data dalla lotta terribile e nefanda svoltasi tra Giovanni Pipino di Barletta, signore di Minervino, creato Conte palatino dal Pontefice Giovanni XXII, e Carlo di Lagonessa, signore di Salpi. Il territorio conteso era quello confinante fra Salpi e Cerignola, siccome risulta da parecchi diplomi angioini, e la lotta giunse a tal punto che il brutale Pipino, non rispettando il dolore del figlio del Lagonessa, il quale trovavasi  in Cerignola a far celebrare i funerali del padre, l’assalì, coi suoi sgherri, in chiesa, apportandovi scandaloso scompiglio (Reg. Angioino 208 pag. 286). E dire che Pipino era soldato della gran Curia, maestro Razionale, Giustiziere di Capitanata e diletto Consigliere e famigliare del Re ! Giovanni Pipino venne poi liquidato da Re Roberto il quale, a mezzo dei suoi diplomi 17 e 19 febbraio 1341, dispose, che il Conte Palatino, reo di innumerevoli nefandezze, fosse espulso da Barletta e la sua casa venisse confiscata ed assegnata al Capitano di Barletta e alla sua Corte […].

Tale fatto di cronaca, riportato da De Luca, non poteva sfuggire allo storico, scrittore ed attento indagatore di storia, il notaio Adamo Riontino di San Ferdinando di Puglia che così scrive nella sua pubblicazione (2): “[…] Non solo i terreni appartenenti alla…Cerignola, e che dovevano essere quelli circoscritti fra Cidoniola, o Cidiniola , o Cideniola, e la greca Tressanti…, ma anche i terreni appartenenti ai naturali dei luoghi di Zapponeta e di Pietra, lungo la spiaggia marina e la sponda del lago, a settentrione ed a mezzogiorno del lago i cittadini della Salpa Romana col loro De Lagonessa,  vollero invadere: e la lotta  tra le due case dei Pipino e dei De Lagonessa, entrambe potenti sotto la dominazione Angioina, cominciata nel 1303 sotto il regno di Carlo II lo Zoppo dovè continuare sotto il regno di suo figlio Roberto, come risulta dal Reg. Ang. 208 (riporta in nota la pubblicazione di Vincenzo De Luca), e venne a culminare con la uccisione nella chiesa di Cerignola del figlio del De Lagonessa, ivi recatosi per assistere ai funerali del padre, da parte degli sgherri di Giovanni Pipino iuniore, conte di Minervino, vincitore di Cola d’Arienzo, autodefinitosi “Patrizio e liberatore di Roma e dei Principi Romani, illustre propugnatore della Santa Chiesa, e morto impiccato ad uno dei merli del Castello di Altamura[…]”.

Da noi tale fatto di cronaca viene pubblicato per la prima volta dal Prof. Roberto Cipriani (3) che scrive in tal modo : “[…] L’ esistenza della chiesa madre è accertata già in epoca angioina allorquando in seguito alle lotte fra le due case dei Pipino e dei de’ Lagonessa (o Leonessa) nella chiesa di Cerignola venne ucciso il figlio del de’ Lagonessa (accorso ai funerali del padre) proditoriamente messo a morte (prima metà sec. XIV) da alcuni sicari inviati da Giovanni Pipino il Minore, conte di Minervino […]”.

Aggiungiamo per la completezza di questa prima parte che la PERGAMENA consultata dal De Luca non è stata pubblicata, almeno gli autori che hanno ripreso la notizia non l’hanno reperita in nessun modo. Quindi non conosciamo il testo che fa riferimento all’omicidio nella nostra Chiesa. VINCENZO DE LUCA riporta come unico riferimento “Reg. Angioino 208 pag. 286” e null’altro in quanto i REGISTRI ANGIOINI andarono distrutti da un incendio ad opera dei Tedeschi il 30 settembre 1943 (4).

Veniamo all’analisi, tralasciando per ora di addentrarci storicamente sia nella Famiglia PIPINO che nei suoi personaggi, anch’essi feudatari di “Cidiniola”, essendo trattazione successiva. La CHIESA MADRE non viene menzionata ma riteniamo  che l’omicidio sia stato consumato proprio in essa “la chiesa di Cerignola”. Nel 1308 siamo a conoscenza di tre CHIESE, la Chiesa di San Pietro, di Santa Maria e di Santa Lucia con annesso il Cimitero (5): infatti nella stessa PERGAMENA datata 8 gennaio 1308 redatta dal “Iudex Vitus de Aloysa de Cidiniola” si fa esplicita menzione, tra l’altro, in questi termini “est terra ecclesie sancti Petri”; “est terra ecclesie sancte Marie”; “via puplica prope cymiterium ecclesie sancte Lucie”. Ma la Chiesa di San Pietro viene menzionata in diverse pergamene e documenti. Sempre nello stesso volume (6) troviamo un’altra PERGAMENA datata 25 ottobre 1225 (1224) redatta da “Matheus” notaio di “Cediniola” dove, tra l’altro, troviamo scritto “iusta domum ecclesie sancti Petri”. Quindi riteniamo che la CHIESA principale era quella dedicata a San Pietro Apostolo, Santo Titolare di “Cediniola”.

Un interrogativo che ci poniamo  è il seguente: come mai il Feudatario di SALPI, CARLO de Lagonessa,  fa celebrare il funerale del padre GIOVANNI nella Chiesa della piccola “Cediniole”, feudo di GIOVANNI PIPINO suo acerrimo nemico, invece che nella Chiesa di S. Nicola, Cattedrale di SALPI con la presenza del VESCOVO ? Ricaviamo dai Registri Angioini (7) che “Re Carlo ordina di restituire al Vescovo di Salpi le 30 once d’oro a lui  mutuante, dovendo quel prelato rifare il campanile della cattedrale di Salpi, dedicata a S. Nicola, il quale campanile per vetustà minaccia rovina, datato Melfi, XV luglio 1279”. Vi erano altre Chiese nello stesso periodo, infatti ricaviamo dal Volume X del Codice Diplomatico Barese una Pergamena del 28 gennaio 1206 della presenza di “Matheus priore di Santo Stefano di Salpi, Monaco di Monte Sacro”, era una grancia dell’ Abbazia benedettina intitolata alla SS.ma Trinità sul Monte Gargano (8). Altre chiese erano presenti sia in Salpi che nel territorio come quelle di Santa Maria della Carità, di San Martino, di Sant’Egidio, di Sant’Antonio, di Santa Margherita… (9).

Probabilmente ci fu una decadenza dell’insediamento urbano e del territorio proprio nel XIV secolo per via dell’impaludamento dell’ampio  lago Salpi  producendo effetti negativi per la salubrità; il risultato  fu il lento spopolamento di Salpi,  e gli abitanti  andavano a confluire nelle città viciniori.  La sede Vescovile è di antica origine. Si ha notizia del VESCOVO PARDO presente già nel 314 al Concilio di Arles e la serie continua fino al 1544. E nel XIV secolo sono diversi i nomi dei Vescovi succedutisi (10).

Si diceva acerrimo nemico perché? Il problema sorge per i confini tra i due FEUDI: “CIDINIOLE” e “SALPI”. I confini che di volta in volta vengono fraudolentemente spostati da una e dall’altra parte. E sono proprio loro i FEUDATARI: i de LAGONESSA per Salpi e i PIPINO per Cerignola. Infatti “[…]Agli inizi  del ‘300 si acuisce il conflitto per i confini tra Salpi  e Cerignola tra i rispettivi feudatari: Carlo de Lagonessa  e Giovanni Pipino; riportiamo il transunto di una pergamena del 1304: “[…] Rogatario Bartholomeus de Capua prothonot. – Per Giovanni Pipino – Divisione delle terre e tenimenti di Salpi  e Cerignola: rispettivamente appartenuti a Karolus Lagonessa, sinescallus famigliare del re, e a Pipino Maestro Razionale della Gran Corte […]” (11).

Il conflitto viene risolto definitivamente dal Re facendo infiggere nel terreno sul CONFINE, dei TERMINI  LITICI. Riporto, a tale proposito, quanto abbiamo scritto nella pubblicazione su Tressanti (12): “[…] Nel 1982 su segnalazione del giovane Michele Ciafardoni, venuto in visita al Museo etnografico Cerignolano, vengo a conoscenza che nella proprietà agricola, in contrada “Acquarulo” finitima a Tressanti, vi è un Termine lapideo che reca incise delle lettere su entrambe le facce e mi invita ad effettuare un sopralluogo. Il 29 marzo dello stesso anno mi reco in zona, il padre Nello Ciafardoni mi indica il Termine posto all’ingresso del tratturo che immette nella loro Masseria. Mi informa che l’anno precedente lo stesso manufatto litico era collocato vicino al pozzo a lui lo aveva rimosso posizionandolo nell’attuale sito; inoltre aveva dipinto le lettere con vernice rossa. Mi autorizza ad effettuare sia foto che diapositive e le misure dettagliate del reperto e dei due specchi epigrafici. Avvio le ricerche nell’Archivio di Stato di Foggia, rintracciando alcuni documenti inerenti la Dogana delle Pecore in Puglia, in cui vengono riportate le compassazioni dei confini delle Locazioni ed ai confini del territorio di Salpi e di Cerignola in una compassazione del 1546 vengono descritti e riportate le sigle del termine in oggetto. Ancora, la contrada “Acquarulo”, confinante con la medievale Tressanti, faceva parte del territorio di SALPI  già nel 1155 come si può ricavare da una pergamena riportata in: F. NITTI , Le pergamene di Barletta…, op. cit.., Vol. VIII, N. 77,  pp. 112-113 ed inoltre in S. SANTERAMO (Can.), Codice Diplomatico Barlettano, Barletta, 1931, vol. secondo, N. 19, pp. 19-20; N. 20, pp. 21-22 nel CODICE DIPLOMATICO BARLETTANO. Le due iscrizioni abbreviate si sciolgono in SALPI sul lato A e CARLO II – CIRIGNOLA sul lato B. Il 5.5.1982 invio una nota (raccomandata con ricevuta di ritorno – ARCHIVIO CENTRO STUDI E RICERCHE “TORRE ALEMANNA”, prot. n. 224, Fascicolo anno 1982)  segnalo il reperto all’Arch. Riccardo Mola Soprintendente per i Beni AA.AA.AA.SS. della Puglia allegando due foto bianco-nero (18×12) raffigurante le iscrizioni […]”.

Voglio precisare che la struttura dell’attuale Chiesa Madre non è la stessa del 1304, anno dell’omicidio, ma di un’altra precedente. Infatti abbiamo notizia dalle Cronache di Giovinazzo di Bisanzio Lupis che le lunghe e sanguinose lotte  fra i potenti e nobili famiglie che sconvolsero per tutto il secolo XIV Giovinazzo: queste famiglie con cospicui patrimoni in beni immobili, vessavano quelle più deboli e si susseguivano in continuazione complotti, tradimenti, uccisioni e stragi. Nel 1382 la famiglia Spinelli volle vendicarsi per i torti subiti e organizzò un complotto uccidendo molti avversari e costringendo gli altri alla fuga: fra questi i due fratelli Lorenzo e Goffredo Lupi o Luponis, tanto ci viene confermato anche dalla presenza di un documento epigrafico litico murato sulla parete sinistra per chi entra nella Chiesa Madre e fa riferimento a Goffredo Luponis che concesse molti beni e rifece la stessa Chiesa. Il fratello Lorenzo costruì la Chiesa campestre di Santa Maria delle Grazie. Il documento di Bisanzio Lupi di Giovinazzo riporta quanto segue: “[…] da lì scamparono molti de nostri e s’accasarono in Molfetta…Un altro de nostri se n’andò in Gifune, due ne morirono in la Cirignola e ferono loro chiese detti Misser lorenzo e Misser Goffredo a tempo mio trovati con foggie e velluti, e cinti d’argento e ne ferono duoi calici[…]” (13).

Ora veniamo alla Famiglia de Lagonessa riportando le notizie che siamo riusciti a rintracciare.      La Famiglia di origine francese italianizzata in di Lagonessa, Lionesse, e Leonessa “Salpi (antic. Salapia) possedevasi nel 1292 da Corrado di Lagonessa milite e siniscalco del regno; e quindi pervenne a’ suoi eredi e successori Giovanni, Enrico, e Roberto di Lagonessa, che pagavano alla regia Curia il rilevio di 273 once”(2) ( Ex regest. Reg. Car. II an. 1303 lit. A fol. 189 v°)”(14).

Illuminanti sono i Volumi scritti da PLACIDO MARIO TROPEANO su Montevergine  in quanto ci fornisce notizie e date importanti sulla Famiglia de Lagonesse, infatti: “[…] Il 24 giugno 1284 in seguito alla battaglia navale… furono fatti prigionieri l’erede al trono Carlo II e i suoi più stretti collaboratori. Re Carlo I, sconsolato per la cattura dell’erede e logorato dai lunghi viaggi in cerca di denaro per riprendere le operazioni militari, morì a Foggia il 7 gennaio 1285…Nella disfatta navale …furono fatti prigionieri e condotti nelle carceri aragonesi di Sicilia il principe ereditario, futuro re di Napoli, Carlo II, il vice ammiraglio Giacomo Boursonne, il maresciallo del regno Guglielmo Estendardo, il visconte Berterado de Lautrec, il siniscalco Giacomo de Lagonesse ed altri baroni…Carlo II d’Angiò, nel 1288, barattò la sua liberazione, dando in ostaggio tre suoi figli, e quasi …Dopo la firma del trattato di Anagni del 1295, furono tutti concordi nell’attribuire la liberazione dei prigionieri e degli ostaggi più all’efficacia delle preghiere e dei voti …Vollero pertanto esprimere i loro sentimenti di gratitudine alla celeste patrona, iscrivendosi alla confraternita di Santa Maria di Montevergine e chiedendo di essere sepolti nella chiesa del Santuario. Vi trovarono sepoltura Giacomo de Boursonne, Tommaso e Giovanni Estendardo, Berterado de Lautrec (morto il 15 luglio 1335) e il figlio Giovanni (premorto al padre), Giovanni de Lagonesse con la figlia Caterina ed il marito di quest’ultima Guido de Valdemonte […]” (15). Aggiungiamo ulteriori interessanti notizie tratte dal “[…] Necrologium Verginianum, redatto da fra Antonello da Candida nel 1403 annovera tra i confratelli e le consorelle di quella confraternita (degli oblati di Montevergine) le seguenti persone: …Carolus de Lagunissa; Guglielmus Estendardus Comestabilis Regni Sicilie; Joannes de Lagunissa..Domina Isabella Standardo uxor domini Guillelmi de Lagonissa; Catharina de Lagunissa; Philippa de Lagonissa […]”(16).

Ma andiamo avanti nel riportare le preziose informazioni che ci riferisce Placido Mario Tropeano: “[…] I rapporti tra Montevergine e questa famiglia (i de Lagonessa)…risalgono al 1299, quando già il maresciallo Giovanni era morto da un decennio ed aveva trovato sepoltura nell’arcivescovato di Napoli. Nel frattempo Carlo de La Gonesse, figlio di Giovanni, aveva sposato Caterina figlia di Guido de Valdemonte; sarà proprio tramite il conte De Valdemonte che i coniugi chiedono nel 1299 di voler costruire una cappella sepolcrale nella chiesa di Montevergine, e nel 1304 saranno costruiti in quella cappella due distinti monumenti per raccogliere i resti mortali di Giovanni e dei coniugi Carlo e Caterina. Forse fu lo stesso arcivescovo Fabio nel 1652 a riunire i tre sarcofagi in uno solo per far posto al monumento, che ancora vivo volle costruire…Nel museo dell’abbazia si possono ancora ammirare le belle statue giacenti dei tre personaggi con ai piedi l’immancabile acchiocciolato cagnolino: le figure di GIOVANNI e di CARLO, nella tersa e vigilata finezza gotica dimostrano un influsso prevalentemente francese […]” (17).

Ma veniamo ad oggi. Ero già stato al Santuario di Montevergine il 13.8.2010. Ci sono ritornato il 6.11.2016 con il giovane Valerio Calvio, socio e collaboratore delle nostre Istituzioni Culturali ed abbiamo effettuato una serie di fotografie dell’antica Abbazia, la Cappella con la Monumentale Effigie della Vergine, la Tomba dove riposano i corpi dei tre nostri personaggi: GIOVANNI, CARLO e CATERINA Valdemonte, nella Cappella della SCHIODAZIONE. Ma la nostra attenzione si è soffermata su due PERSONAGGI “le Figure giacenti” di GIOVANNI  E  CARLO de Lagonesse, scolpiti in marmo bianco venato: una volta andavano a costituire il coperchio dei due rispettivi sarcofagi, presenti nella sala litica del ristrutturato ed interessante MUSEO che merita di essere visitato.

Bibliografia e Note

(1) – VINCENZO DE LUCA, Il Comune di Margherita di Savoia (Già Reali Saline di Barletta) – Spunti Storici – Questione Territoriale, Barletta, 1926, pp. 36-37.

(2) – ADAMO RIONTINO, Canne, Trani, 1942, pp. 214-215.

(3) – ROBERTO CIPRIANI, Primi elementi per una storia della Chiesa Madre di Cerignola, in CERIGNOLA ANTICAAtti del 1° Convegno della società di studi storici ed archeologici della Daunia Sud – (Cerignola – Piazza Matteotti, 6-7 settembre 1974),  ciclostilato in proprio (c.i.p.), s.l. ma [Cerignola], s.d. ma [1974], p. 8.

(4) – Questa Pergamena facente parte del REGISTRO ANGIOINO N° 208 è andata bruciata con lo stesso Registro e molti altri, purtroppo. Ma come al solito, lasciamo a RICCARDO FILANGIERI la narrazione dell’accaduto: “L’ archivio della Cancelleria Angioina di Napoli, inviato durante la guerra per misura di protezione antiaerea, insieme con gli altri atti più importanti degli archivi napoletani, in una villa presso San Paolo Belsito (nota 1: Tali scritture, in 866 casse, furono depositate nell’ampia villa Montesano dei signori Contieri), è stato interamente distrutto nell’incendio di quel deposito, il 30 settembre 1943, per ordine di un comando germanico, come dichiararono i militari che tradussero in atto il criminoso proposito. Contava l’archivio angioino di 375 grandi registri in pergamena e tre cartacei, di altri quattro registri frammentari detti Registri Nuovi, di 66 volumi e di vari frammenti in carta intitolati Fascicoli, di 37 volumi di pergamene originali e di altri 21 volumi di atti in carta, anche originali, detti Arche. Forse oltre cinquecentomila documenti erano trascritti o notati in questo magnifico complesso archivistico, che conteneva gli atti dei Sovrani angioini di Napoli dal 1265 al 1435 e che era una delle più ricche e preziose fonti storiche del basso medioevo, non soltanto per Regno, ma per tutto il mondo civile di allora, e segnatamente per le nazioni che si affacciavano al Mediterraneo. Dalla rovina furono salvi, per essere rimasti in sede, gli antichi repertori di Pietro Vincenti, di Sigismondo Sicola, e di Michelangelo Chiarito, oltre una parte di quelli, più ampi e completi, di Carlo de Lellis, cioè i tre grandi volumi corrispondenti ai registri di Carlo II, di Roberto e di Carlo Duca di Calabria […]” da RICCARDO FILANGIERI, I Registri della Cancelleria Angioina ricostruiti da RICCARDO FILANGIERI con la collaborazione degli Archivisti Napoletani, I -1265-1269, Napoli, MCML, p. V.

(5) – RICCARDO FILANGIERI, Pergamene di Barletta del R. Archivio di Napoli (1075-1309)CODICE DIPLOMATICO BARESE, Bari, 1927, Volume Decimo, N.168, pp.300-302. Aggiungiamo che la suddetta pergamena, da me rintracciata nel 1977 nella suddetta pubblicazione, fa esplicita menzione di FOSSE da GRANO a Cerignola e di tanto viene registrato per la prima volta nella pubblicazione MATTEO STUPPIELLO, Le FosseStudio sistematico sulle fosse granarie di Cerignola, Edito dal Centro Studi e Ricerche “Torre Alemanna”, ciclostilato in proprio, Cerignola, 8 settembre 1981. Riportiamo uno stralcio dalla pubblicazione a p. 4: “[…]In un documento del 1308 si parla esplicitamente di un raggruppamento di Fosse sito nella “Terra di Cirignola” e di uno sito nel Borgo stesso. Poiché nel testo si parla di un gruppo di Fosse poste poco fuori l’abitato è probabile che, fin da allora, la zona interessata sia stata quella dell’attuale “Piano San Rocco” […]”.

(6) – ibid., N. 66, p. 94.

(7) – RICCARDO FILANGIERI, I Registri della Cancelleria Angioina, Napoli, MCMLXVI, vol. XX, 1277-1279, p. 160.

(8) – RICCARDO FILANGIERI, Pergamene di Barletta…, op. cit., N. 48, p.71.

(9) – PIETRO di BIASE, Puglia medievale e insediamenti scomparsi – La vicenda di Salpi, Fasano di Puglia, 1985.

(10) – AA. VV., Cronotassi iconografica e araldica dell’Episcopato pugliese, Regione Puglia – Assessorato alla Cultura – Unione Regionale dei Centri di Ricerche Storiche, Artistiche, Archeologiche e Speleologiche di Puglia, Bari, 1986; la SCHEDA su “SALPI” è stata curata dal Prof. Pietro Di Biase di Trinitapoli, pp.280-281.

(11) – SALVATORE SANTERAMO, Codice Diplomatico Barlettano, volume secondo, Barletta, 1931, N. 20, pp. 21-22.

(12) – MATTEO STUPPIELLO, Storia di Tressanti, San Ferdinando di Puglia, 2015, p. 10; pp. 26-27.. Riportiamo gli echi di stampa: [SALVATORE DELVECCHIO], Cerignola – Scoperti reperti del ‘300, da “PUGLIA” – 14.7.1982; MICHELE CIANCI, Cerignola – Scoperto un altro reperto archeologico – quell’antica pietra di confine a ricordo di duri conflitti, da “LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO” – 17.8.1982, p. 9; “Rinvenimento Storico” in “LA CICOGNA” – Quindicinale di vita cerignolana, Anno V – n. 6, 30 novembre 1982, p. 4. Si veda PIETRO di BIASE, Puglia medievale…, op. cit., pp. 132-133; pp. 165 – 167; pp. 177-179; p. 185.

(13) – MATTEO STUPPIELLO, La chiesa di Santa Maria delle Grazie, San Ferdinando di Puglia, 1999, pp. 8-9.

(14) – MATTEO CAMERA, Annali delle due Sicilie – Dall’origine e fondazione della Monarchia fino a tutto il Regno dell’augusto Sovrano Carlo III Borbone, Napoli, 1860, Volume Secondo, p. 96.

(15) – PLACIDO MARIO TROPEANO, Montevergine nei secoli – dalla capanna al castello, Napoli, 2005, pp. 64-66;  p. 77.

(16) – PLACIDO MARIO TROPEANO, Montevergine nella storia e nell’arte 1266-1381, Napoli, 1978, p. 182.

(17) – ibid., pp. 147-148.

Cerignola, 18 novembre 2016                                  Matteo Stuppiello

Montevergine (AV) – Museo Abbaziale – Sala Litica – Figura giacente di Carlo de Lagonessa – Particolare – Foto Valerio Calvio 6.11.2016.

Montevergine (AV) – Chiesa – Cappella della Schiodazione – Parete destra – Monumento Sepolcrale della Famiglia de Lagonessa – Particolare Iscrizione Marmorea – Foto Matteo Stuppiello 6.11.2016.

Montevergine (AV) – Chiesa – Cappella della Schiodazione – Parete destra – Monumento Sepolcrale della Famiglia de Lagonessa – Particolare Stemma della Famiglia riprodotto ad intarsio in marmi policromi – Foto Valerio Calvio 6.11.2016.

Montevergine (AV) – Chiesa – Cappella della Schiodazione – Parete sinistra – Monumento Sepolcrale della Famiglia de Lagonessa – Particolare Iscrizione Marmorea – Foto Valerio Calvio 6.11.2016.

Montevergine (AV) – Chiesa – Altare della Cappella della Schiodazione  – Particolare Stemma della Famiglia de Lagonessa riprodotto ad intarsio in marmi policromi sul Cantonale destro dell’Altare – Foto Valerio Calvio 6.11.2016.

Montevergine (AV) – Museo Abbaziale – Sala Litica – Figura giacente di Carlo de Lagonessa – Foto Valerio Calvio 6.11.2016.

Montevergine (AV) – Museo Abbaziale – Sala Litica – Figura giacente di Carlo de Lagonessa – Particolare – Foto Valerio Calvio 6.11.2016.

Montevergine (AV) – Museo Abbaziale – Sala Litica – Figura giacente di Caterina Valdemonte moglie di Carlo de Lagonessa – Foto Matteo Stuppiello 6.11.2016.

Montevergine (AV) – Museo Abbaziale – Sala Litica – Figura giacente di Caterina Valdemonte moglie di Carlo de Lagonessa – Particolare – Foto Valerio Calvio 6.11.2016.

Montevergine (AV) – Museo Abbaziale – Sala Litica – Figura giacente di Giovanni de Lagonessa padre di Carlo – Foto Matteo Stuppiello 6.11.2016.

Montevergine (AV) – Museo Abbaziale – Sala Litica – Figura giacente di Giovanni de Lagonessa padre di Carlo – Particolare – Foto Matteo Stuppiello 6.11.2016.

Montevergine (AV) – Museo Abbaziale – Sala Litica – Figura giacente di Carlo de Lagonessa – Particolare – Foto Valerio Calvio 6.11.2016.